sette indici di allerta

Sette indici di allerta: una bozza anti-insolvenza

L’ordine dei commercialisti ha approntato una bozza contenente i parametri anti-insolvenza. Sarà efficace?

Il Consiglio nazionale dei commercialisti ha messo a punto un canovaccio anti crisi: sette indici di allerta, utili ad evitare la procedura prevista dalla nuova Legge Fallimentare e ad arginare l’eventualità di insolvenza. 

Attenzione! Un primo chiarimento è d’obbligo:

il Codice della Crisi e dell’Insolvenza affida ai professionisti il compito di definire ogni tre anni un pacchetto di indici che permettano una “ragionevole presunzione dello stato di crisi”.
Gli indicatori di crisi, previsti dal codice della crisi d’impresa, sono di portata estesa e costituiscono l’oggetto delle segnalazioni obbligatorie da parte di sindaci e revisori (es. assenza della sostenibilità del debito nei successivi sei mesi, pregiudizio per la continuità aziendale nell’esercizio in corso o per almeno sei mesi, ritardi ripetuti e consistenti nei pagamenti).
Cercando di minimizzare la possibilità di falsi positivi (imprese segnalate che poi non genereranno insolvenza) o falsi negativi (imprese non segnalate che andranno incontro a insolvenza), la bozza preparata dal consiglio dei commercialisti contiene indici di natura quantitativa, tra loro confrontabili, ed una sequenza gerarchica di sette parametri.

Quando la crisi diventa ipotizzabile?

  • Se il patrimonio netto diventa negativo per perdite di esercizio, causando lo scioglimento della società di capitali (pregiudizio alla continuità aziendale fino a risanamento del capitale al limite legale).
  • Se il patrimonio netto è positivo, è tuttavia indice di crisi il cosiddetto Dscr (Debt service coverage ratio) che valuta la capacità prospettica di sostenibilità dei debiti a sei mesi, quando questo valore entra in determinate soglie critiche.

Come agire se il patrimonio netto è positivo e il Dscr non è disponibile o non sufficientemente affidabile?

In tal caso  vengono adottati cinque indici con diverse soglie a seconda del settore di attività. 

  1.   Indice di sostenibilità degli oneri finanziari, in termini di rapporto tra oneri finanziari e fatturato;
  2.   Indice di adeguatezza patrimoniale, in termini di rapporto tra patrimonio netto e debiti totali;
  3.   Indice di ritorno liquido dell’attivo, in termini di rapporto da cash flow e attivo;
  4.   Indice di liquidità, in termini di rapporto tra attività a breve termine e passivo a breve termine;
  5.   Indice di indebitamento previdenziale e tributario, in termini di rapporto tra l’indebitamento previdenziale e tributario e l’attivo.

Attenzione!

Dobbiamo tenere presente che gli indici individuati dall’ordine dei commercialisti danno già indicazioni di uno stato di sofferenza finanziaria che non si è “creata da sola”! Quindi, è bene sapere che esistono altri indici che, monitorati nell’andamento, costituiscono una prima spia di eventuali peggioramenti.
Proprio per questo, è molto importante che le aziende si dotino di sistemi di controllo di gestione in grado di prevenire il problema.

Concludendo…

Il consiglio è quindi quello di affidarsi a professionisti esperti, in grado di valutare attentamente non solo ciascuno dei cinque indici ricordati, ma anche l’adeguata pianificazione ed il monitoraggio dei rischi di impresa, nonché la periodica rendicontazione della situazione agli organi di controllo (sindaci e revisori), anticipando all’imprenditore altri fattori che potrebbero portare nel medio periodo a peggioramenti pericolosi degli indici ufficiali.

 

 

Credits: Il Sole24ore